Serena Patierno - 01.06.2004 - Whipart
A conclusione di un accurato lavoro di pulitura durato un anno, una
delle più celebri sculture del Rinascimento, il David di Michelangelo
Buonarroti, si offre nuovamente agli occhi degli appassionati,
proponendosi in condizioni ottimali nella ricorrenza del
cinquecentenario della sua realizzazione, che cadrà il prossimo 8
settembre. L'opera ha subito un attento restauro di tipo conservativo,
che ha permesso di rimuovere le imperfezioni e le macchie del suo
marmo, evidenziandone, con rinnovato splendore, la bellezza.
Commissionata a Michelangelo dalla Repubblica Fiorentina nel 1501,
l'opera fu portata a termine nel 1504, e, subito largamente ammirata,
fu collocata in Piazza della Signoria, non senza il consiglio di
un'apposita commissione formata da celebri artisti fra cui anche
Botticelli e Leonardo da Vinci. Lì rimase fino al 1873, quando, per
preservarne l'integrità, fu deciso che fosse spostata all'interno
dell'Accademia delle Belle Arti, in cui tuttora si trova. Emanano dal
celebre David forza e ira, prestanza fisica e coraggio, bellezza
selvaggia e allo stesso tempo pura, secondo una mescolanza che
caratterizza molte delle opere michelangiolesche, testimonianza di un
singolare intreccio di misticismo cristiano e cultura pagana.
Opera rappresentativa dell'arte rinascimentale, eppure non priva di
convenzioni medievali - fra cui la distinzione tra il lato destro e il
sinistro, il primo sereno in quanto protetto dal divino, il secondo
vulnerabile e movimentato, esposto al male -, la sculura è esaltazione
della forza del corpo umano e dell'orgoglio, trasposti nel motivo del
Davide biblico che, vestito solo dello sguardo superbo che illumina i
suoi occhi e che è sufficiente a glorificarne la dignità, si accinge ad
affrontare il gigante Golia.
Il corpo colto in movimenti atletici tali da evidenziarne la prestanza,
le sue splendide proporzioni, il vigore della muscolatura, sono alcuni
dei motivi ricorrenti in Michelangelo, persino nelle strutture
impersonali dell'architettura, nella quale, infatti, egli dichiarava di
trovare richiami a quell'anatomia umana di cui fu perfetto conoscitore.
La bellezza del corpo, nonostante l'atmosfera combattuta che regnava
nel suo tempo, in cui ancora lo spirito medievale con il suo
teocentrismo non era del tutto tramontato, è rappresentata con forza
nella sua contraddizione, nell'unione di elementi divini e bestiali,
elemento di sofferenza e mezzo di ascensione contemplativa. Il bello
diventa celebrazione del creato e mezzo di ascesa al cielo, che non si
compie più attraverso il pentimento e l'umiliazione, bensì con una
contemplazione che non escluda l'essenza carnali dell'uomo,
rappresentata dal nudo.
Così, mentre Savonarola con prediche infervorate e misticismo imbevuto
di terrore, infiammava le anime devote di Firenze, e predicava un'arte
edificante e assoggettata alla religione, Michelangelo concepiva e
realizzava opere come il Bacco e, poco dopo, il David, esaltando
un'arte che si apre alla contemplazione di una bellezza e di un'armonia
del tutto umane, emananti sì dal divino, ma recanti in sé anche gli
aspetti più negativi e materiali della creazione. L'arte di
Michelangelo, in questo senso, mostra l'uomo come un microcosmo carico
di ogni caratteristica del creato, della bellezza e della virtù, come
della natura animalesca legata alla sua materialità.
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