Mele artistiche per le strade di Mosca e altre opere di frutta
Lo scorso ottobre per le strade di Mosca sono spuntate tante mele. Si
sono fatte trovare al ciglio delle strade, in mezzo ai lampioni, sui
marciapiedi. Da un giorno all’altro come se nulla fosse: erano
metallizzate o opache, rosse, gialle, argentate, multicolore. Lì ferme a
occupare uno spazio tutto loro, rubato alla routine della metropoli e
all’indistinto ammassarsi di oggetti qualunque che si dipanano nello
spazio cittadino. Erano lì per stupire e ci sono riuscite. Grazie al
loro creatore Alessandro Gedda, un artista dalla grande versatilità che
sta diventando sempre più internazionale. Che le ha messe in scena
durante la moscovita settimana del Design, manifestazione che ha
raccolto i protagonisti internazionali del design grafico, fashion e
industriale.
Come delle mele a Mosca
Mosca non è una città qualunque. Vi si respira la storia, quella
importante e grandiosa. Ed è ricolma, anzi straboccante, di una
personalità solo sua, con i suoi spazi giganteschi e maestosi, con i
suoi lussi scintillanti, con le sue differenze sociali e contraddizioni
laceranti. Eppure perfino una metropoli così, dove 18 milioni di persone
pullulano ogni giorno e i monumenti sono così vivi che pare respirino,
esiste la monotonia del quotidiano. E l’artista Gedda proprio quella
voleva lacerare spargendo le sue mele. Ben
50 giganteschi pomi di
due metri d’altezza, così particolari da brillare di luce propria. Ma
perché a spuntare come funghi, notte tempo, sono state proprio le mele?
Semplice: le mele sono capaci di dar luogo a un abbraccio cosmico. Uno
stare insieme di tutte le persone in un unico simbolo ancestrale e
presente nella maggior parte delle culture. E le vigorose pennellate di
Gedda le rendono ancora più coinvolgenti, fra il color oro a ricordare
la dea Afrodite, la più bella, e il rosso e il giallo e il nero, e tutti
i colori che ci ricordano le energie primordiali della natura espresse
in segni vigorosi tanto quanto le forze che regolano l’universo: la
gravitazione, le forze nucleari, l’elettromagnetismo. E poi
tornando dall’universo al piccolo mondo umano, ce n’è per tutti: con le
sue mele si va dai luoghi simbolo della nostra cultura come New York,
alla falce e martello. Dalle cupole o minareti, alle firme, i fiori, le
date, i graffiti.
La geometria della frutta
Ma il frutto proibito non ha ispirato solo Alessandro Gedda. Sakir
Gökçebag, fotografo turco largamente apprezzato nel mondo, si lascia
affascinare da
frutta e verdura in genere.
Eppure per la mela ha sempre un occhio di riguardo. La ritrae come un
solido geometrico qualsiasi, da scomporre e ricomporre a piacimento,
cercando coincidenze perfette e stupefacenti. È un po’ questo il senso
della raccolta fotografica di Gökçebag, che trasforma fagiolini e
cocomeri, peperoncini e mele in codici a barre, scacchiere astratte,
rombi, cerchi, raggiere strappandoli dal loro ambiente e
dall’interpretazione del senso comune. In una frase: facendone strumenti
artistici.
Le mele: la precisione meticolosa del taglio e la
mano ferma nella composizione sono i segreti di questo artista che non
manipola in nessun modo le sue foto ma ricorre solo alla sua arte
concreta, fatta di coltello e fantasia. Le sue mele a metà formano
cerchi e quadrati perfetti e perfino quadrati nei quadrati. Oppure, e
qui occorre una maniacale cura del dettaglio, creano degli insiemi tanto
coesi da sembrare un unico frutto. E invece sono tanti pezzi di mela
tagliati in modo da coincidere al millimetro con gli altri e da
compattarsi in modo perfetto.
Florent Tanent e la frutta impensata
Il fotografo francese
Florent Tanent è
un’altra (piacevole) vittima del fascino della frutta. La mette in posa
come una bella modella e la rende affascinante così come non era mai
stata prima. In una parola la mette in scena e fa vedere a tutti che
esistono carote e zucchine, mele e peperoni, cipolle e limoni visibili
anche da un’altra prospettiva. Mele sbucciate a metà si trasformano da
semplice esemplare di frutto a morbida evocazione dell’atto si
spogliarsi e lasciar intravedere il proprio lato più indifeso. Pomi che
si incastrano e si trasformano in qualcos’altro, forse un bruco, forse
un serpente. Queste metamorfosi hanno animato l’esibizione di Parigi
A Colorful Winter che
a fine gennaio ha ravvivato i grigiori dell’inverno con i suoi giochi
di scale, sia di colori che di grandezze, per una serie di nature morte
che si ribellerebbero a sentirsi chiamare così. È nondimeno raro vedere
un’arte tanto viva. Ma la frutta, che evoca l’umiltà del quotidiano, e
che per eccellenza è esempio di natura morta, termine coniato durante il
Rinascimento proprio per indicare il ritratto di oggetti inanimati,
nell’arte contemporanea muta. Da umile decorazione pian piano nel tempo
s’è trasformata facendosi carico di un’infinità di simboli, dal caduco
all’eterno e al vitale, dalla bellezza alla corruttibilità. Fino ad
arrivare all’arte contemporanea dove, spogliandosi con un colpo di mano
improvviso, può anche presentarsi in tutta la sua semplice bellezza e
irrompere solo grazie a se stessa facendo a meno di complesse allegorie.