sabato 23 febbraio 2013

Interessi pubblici e vizi privati della drug industry


Interessi pubblici e vizi privati della drug industry

L'industria farmaceutica accusa un altro colpo. Questa volta a essere coinvolta in uno scandalo è la Abbott, a causa delle sue strategie di corteggiamento con i medici. Ma in generale la vicenda riporta l'attenzione sulla lobby farmaceutica e gli interessi troppo privati.
Fonte: Ferpi

21/02/2006, Notizie RPCommenti
Una delle più grandi aziende del settore al mondo, la Abbott Laboratories, è in difficoltà per aver permesso ai suoi medici alcune frivole agevolazioni in diverse attività di svago, fra cui corse di cani, lapdance e biglietti per Wimbledon.

La ABPI Association of the British Pharmaceutical Authority, che sorveglia il settore, ha sospeso la società per sei mesi perché non avrebbe rispettato il codice deontologico, permettendo il rimborso di spese non riconducibili all'attività dell'industria stessa.
Il codice prevede infatti che le uniche agevolazioni debbano riguardare contesti di studio, educazione o ricerca; e la Abbott ammette alcuni episodi di trasgressione delle regole.
Il colosso farmaceutico annuncia che saranno presi presto provvedimenti, e che alcuni lavoratori coinvolti negli scandali saranno persino allontanati.
Un articolo del Guardian spiega nel dettaglio quali sono state le occasioni di facilitazioni indebite di cui la nota società è accusata e riapre un tema delicato e spinoso.
Serena Patierno - Totem

Al videogioco della chimica


Al videogioco della chimica

Pubblicato da franco carlini su 31 maggio, 2007
serena patierno
Anshul Samar, alla conferenza Tiecon 2007 che si è svolta a Santa Clara in California, ha rubato la scena ai grandi della Silicon Valley. Nulla di insolito, se non fosse che lui ha solo 13 anni ed è incredibilmente sicuro del fatto suo. La sua start-up, http://www.elementeo.com, vuole realizzare il sogno di tutti gli studenti del mondo: l’istruzione divertente. Per concretizzare l’idea Samar ha pensato di ricorrere ai videogame e il risultato è un gioco di ruolo che parla di chimica, materia di solito poco amata. Chiede infatti una memoria di ferro e allenarla non sempre è facile perché richiede costanza e tanto tempo libero. Ma se si pensa a quale attività i ragazzi – ma non solo – sono soliti dedicare gran parte del loro tempo saltano subito in mente i videogiochi. Perché non crearne uno, dunque, che tratta proprio di chimica? Un esercito di elementi chimici che si animano e si scontrano gli uni con gli altri. Gli eserciti sono composti a scelta dell’utente e, per essere campioni, bisogna tenere sempre un occhio rivolto alle possibili combinazioni che potrebbero avere luogo sul campo di battaglia. Ogni elemento della tavola periodica, scontrandosi con gli altri, può generare fenomeni naturali. Per esempio, la ruggine. Basterà usare la carta ossigeno se qualcuno ci attacca con la carta ferro. Elemento.com attualmente, attende di accumulare 2.500 ordini prima di cominciare a distribuire il prodotto. Ma non finisce qui: Samar sembra abbia un piano di salvataggio per le altre materie scolastiche tra le più ostiche – o che comunque si prestano a essere il tema di intrattenimenti digitali – come la matematica e la biologia.

Olimpiadi cinesi: le rp si rimboccano le maniche


Olimpiadi cinesi: le rp si rimboccano le maniche

I giochi olimpici del 2008 rappresenteranno per le aziende rp di Pechino un'ottima opportunità di crescita. Lo rivela una ricerca universitaria portata a termine di recente.
Fonte: Ferpi

29/11/2006, Notizie RPCommenti
Il business delle rp diventa sempre più importante anche in Cina. A confermarlo il capo dell'associazione China international public relations, Li Daoyu. Sebbene sia ancora lungi dallo sfiorare le imponenti cifre del mercato americano - più di dieci miliardi di dollari fra Usa e Regno Unito - si tratta comunque di un settore in forte ascesa: nel 2005 è cresciuto del 33 per cento rispetto all'anno precedente. Ma sarà il 2008 l'anno dei grandi cambiamenti, ne sono convinti molti professionisti che operano nel campo. E saranno le Olimpiadi di Pechino a dare la svolta.
A rivelarlo uno studio della Communication University of China, che ha preso in considerazione le società per le pubbliche relazioni di centri importanti come Pechino, Shanghai, Chengdu, Guangdong e Changsha. Il 67,2 per cento dei professionisti interpellati è ottimista per il futuro delle rp cinesi all'indomani dei giochi olimpici, e solo il 9,4 per cento non considera l'evento una grossa opportunità. Il 49,2 per cento degli intervistati si trova d'accordo nel dire che l'industria delle relazioni pubbliche migliorerà nei prossimi anni, il 31,7 ne è addirittura fortemente convinto, mentre solo una stringata percentuale si distingue: solo l'1,6 disapprova l'aspettativa di crescita.
"I giochi olimipici sono un evento grandioso, e attraggono l'attenzione di tutto il mondo - spiega David Liu, direttore manageriale di una delle aziende leader a livello mondiale per le rp - e bisogna darsi da fare". Le forze e le strutture coinvolte sono tante. Da una parte c'è il comitato di organizzazione dei giochi, che si aspetta di mostrare al mondo un altro volto della Cina, forte delle grandi potenzialità di questo Paese, e dall'altra ci sono gli sponsor, che sperano di far conoscere meglio e di più i propri nomi. Il matrimonio felice sembra possibile.
Serena Patierno - Totem

Oltraggio alla Catalogna



Oltraggio alla Catalogna

videogame


Spagna Molte ombre sulla guerra di Spagna in versione videogame

29 novembre 2007 - Serena Patierno
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)
Ventiquattro luglio 1938: le truppe repubblicane cercano di impegnare i nazionalisti per distoglierli dall'agonizzante Catalogna. Scontri duri, che terminano con il ritiro delle prime al di là dell'Ebro. Siamo in Spagna, negli anni della guerra civile che ha portato al potere Francisco Franco. Ma siamo anche in una delle possibili ambientazioni proposte dal videogioco Shadows of War, appena uscito nel mercato iberico e già materia scottante di polemiche sul dubbio buon gusto di chi ha deciso di proporre svago nutrendosi dei tragici eventi di quegli anni.

Il gioco è strategico e propone, a scelta, il comando delle forze governative o delle truppe che con un colpo di Stato hanno portato al lungo periodo dittatoriale. Naturalmente, però, la storia può cambiare il suo corso e Franco può fallire. Le problematiche da affrontare includono, oltre alla scelta delle tattiche di guerra e guerriglia, la gestione di limitate risorse di truppe, di oro e di carburante.

Chi l'avrebbe mai detto che un mondo di pixel potesse scatenare un dibattito nazionale fra forze politiche di ogni schieramento, cariche di motivi per spaventarsi? Armi in spalla, elmetto in testa e spirito di avventura sono protagonisti di una serie di intrattenimenti videoludici in cui, a contarne il numero, ci si perde. Ma se di storia si tratta, può succedere che la levità del giocatore lasci improvvisamente il campo a un agguerritissimo scontro interpretativo. Ed è quello che sta succedendo al di là dei Pirenei da quando sugli scaffali dei rivenditori è apparso il titolo. Apparentemente innocuo, nasconde infatti - o quanto meno suscita - questioni morali di una storia non ancora assorbita, troppo vicina per essere guardata con occhi distaccati e troppo dolorosa per accettare che qualcheduno abbia voglia di vestire i panni delle truppe franchiste e farle vincere, ancora.

E di occhi distaccati, nella folla di polemiche esplose, se ne sono incontrati pochi. La questione l'ha inquadrata bene il New York Times parlando con esponenti di diversi blocchi politici e categorie sociali. Certo, nessuno batte ciglio per i tanti titoli che propongono scontri storici fra qualunque popolo della Terra. Persino della cruenta Seconda Guerra mondiale si parla a iosa. Trivialità, sangue, giustizieri sommari, stragi. Tutto vero, e, nel caso di Shadows of War, tutto rivisitato in un modo che, per quanto esso abbia la pretesa dell'imparzialità, offende. Non solo la parte politica che rappresenta con orgoglio coloro che credono nella liberazione dalla dittatura, ma anche quella degli avversari conservatori.

Da una parte, tocca i nervi di persone che ancora risentono della perdita dei propri cari. Carlota Leret, figlia di un combattente giustiziato dalle truppe franchiste, ha dichiarato: "Il gioco in questione non serve a ricostruire alcuna memoria storica, ma solo a banalizzare morte, tirannia e violenza". Dall'altra, coinvolge conservatori come Manuel Contreras, editorialista di Abc, che esprime sdegno per un argomento adatto solo a rendere più profondo lo strappo che spacca ancora in due la Spagna, alle prese con una rivisitazione storica avviata da Zapatero e dalle sue proposte di legge per il risarcimento delle vittime. Il Paese è diviso dalla memoria e respira un'aria grave: "A Barcellona, durante tutte quelle ultime settimane che trascorsi là, c'era una strana sensazione malevola nell'aria - un'atmosfera di sospetto, paura, incertezza e odio velato", scriveva Orwell in Omaggio alla Catalogna. Atmosfera risvegliata oggi da un curioso appuntamento con la storia. Curioso, sì, perché scaturito da quella che è stata definita "l'industria della memoria", a cui il settore videoludico si sta abbondantemente dedicando. Anche se parlarne - sostiene il creatore del videogioco Francisco Pérez - non può fare che bene alle nuove generazioni a cui le scuole non forniscono strumento alcuno per conoscere i fatti.

Se il passato può essere riscritto anche da un videogioco, è vero ciò che si vocifera a proposito dell'universo ludico, tanto vasto e integrato nel quotidiano da essere capace di cambiare la visione del mondo. Di certo è capace di avviare dibattiti. Come è successo in Italia nel 2004, all'uscita del titolo Il Rosso e il Nero, che nulla ha a che fare con Stendhal bensì con i colori politici di partigiani e fascisti. Il videogioco, ambientato nel 1943 fra le strade di Firenze, di Pavia e di altre città teatro di battaglie per la libertà dal regime, ha avviato uno scontro mediatico sulla possibilità di interpretare il Duce in persona.

Operazione pubblicitaria “lavaggio verde”



Operazione pubblicitaria “lavaggio verde”

Un'azienda su cinque è sospettata di stilare bilanci sociali scorretti, puntando a un'informazione poco chiara e anche un po' ingannevole.
Fonte: Ferpi.it

28/02/2006, Notizie RPCommenti
Il greenwash, letteralmente 'lavaggio verde', è un'operazione pubblicitaria, anzi sarebbe meglio dire una sorta di campagna per la raccolta di consensi, sempre più in uso fra le aziende che cercano di non mostrare, o di farsi perdonare, una coscienza ambientale piuttosto sporca.

La denuncia della sua diffusione fra le aziende proviene da un articolo dell'Independent, dove si riferisce che fra le prime 100 aziende quotate alla London Stock Exchange -  la Borsa londinese -una ogni cinque mostra chiari segni di greenwashing. Nel 1987 la "World Commission on Environment and Development" aveva inquadrato lo scopo comune di uno sviluppo sostenibile. Circa venti anni dopo, occorre constatare che moltissime aziende non rispettano le pratiche di responsabilità sociale e non sono ancora in grado di fornire delle chiare documentazioni sull'impatto ambientale, sociale ed economico generato dalle loro attività.

Nel corso della passata settimana, la ACCA - Association of Chartered Certified Accountants - organismo che favorisce l'adozione di norme etiche e di governo delle imprese, ha premiato le aziende che hanno fornito i migliori documenti di responsabilità sociale, ma ha anche fatto notare l'inadeguatezza di molte altre imprese. Sembra che l'impiego ormai diffuso del bilancio sociale stia rischiando di diventare un nuovo mezzo di disinformazione.

Serena Patierno - Totem 

Una scorciatoia (illusoria) tira l'altra. Il marketing virale è già un flop?


Una scorciatoia (illusoria) tira l'altra. Il marketing virale è già un flop?

L'idea era affascinante: sfruttare l'effetto «passaparola» per veicolare messaggi pubblicitari con poco sforzo e basso budget. Ma pubblico e abitudini variano più velocemente, spiazzando spesso la programmazione del marketing
13 settembre 2007 - Serena Patierno
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)
Sembrava l'uovo di Colombo: pubblicità facile, meno costosa, che si insinua senza apparire invasiva, che si riproduce attraverso il contagio nutrendosi della capacità di suscitare curiosità e simpatia. Parliamo del marketing virale, quel fenomeno che porta in rete video, immagini e motti che, a volte divertenti, a volte di dubbio gusto e sempre costruiti per carpire l'attenzione, navigano sfruttando la corrente incostante del passaparola e si diffondono in modo analogo a un virus, patologico o informatico che sia. E proprio come la bottiglia con il suo foglio arrotolato che senza vento e senza correnti marine resta in mare aperto, anche lo spot virale può non giungere mai a destinazione. Che nel suo caso sono le grandi masse.

A tirare le fila di un decennio di più o meno presunte epidemie è intervenuta un'analisi della società di ricerca Jupiter Research, che snocciola numeri tali da giustificare il termine fallimento: il 40% dei professionisti pubblicitari in attività nella grande rete cercano l'effetto virale, ma lo scorso anno solo il 15% di lanci pensati per ottenerlo ha raggiunto l'obiettivo prefissato. Di conseguenza nel 2008 l'uso di questa tattica diminuirà del 55%. Di fronte a queste cifre lo studio propone anche una nuova via, perchè il messaggio della bottiglia non vada alla deriva. Uno degli esempi storici di marketing virale è «l'esperimento Mentos», una serie di video che mostrano l'unione infausta tra le omonime caramelle e la Coca-Cola: ovvero una reazione chimica che culmina nell'eruzione della bevanda a mo' di geyser. Video di cui peraltro, esistono diverse versioni grazie alla partecipazioni di sventurate cavie che sperimentano sulla propria pelle. Divertente? Su questo si può discutere; tuttavia accattivante, tanto che l'effetto virale fu assicurato e i due prodotti (e relativi marchi) cercarono di sfruttare la popolarità di quelle produzioni amatoriali, organizzando successivamente degli eventi ad hoc. Spesso insomma sono contenuti che si mascherano da «user generated», ma per trasformare l'individuo in agente pubblicitario inconsapevole sono sufficienti anche solo una riga in calce alle e-mail, un'immagine che invogli a cliccare, una barzelletta, un tasto consiglia a un amico», un test. La ragione dei fiaschi documentati da Jupiter è tattica più che strategico. A rendere complesso un compito a prima vista piuttosto banale interviene per esempio l'inquinamento pubblicitario: il sovraccarico visivo, uditivo e cognitivo del navigatore che per le troppe distrazioni spesso opta più o meno consapevolmente per ignorare in blocco ciò che non riguarda l'obiettivo della navigazione. Ma, soprattutto, a danneggiare le campagne è la mancata considerazione del profilo individuale di chi frequenta i luoghi più fertili per l'attecchimento del "virus": i siti di network sociale, che aggregano ogni giorno milioni di persone. Quali uomini e quali donne, quali caratteristiche personali si nascondono dietro ai profili di pixel e ai personaggi virtuali? La personalizzazione, insomma, è il segreto per il futuro: i profili, persino dell'aspetto psicologico, sono probabilmente la nuova frontiera di questo tipo di marketing. E, naturalmente, ogni prodotto deve individuare il proprio obiettivo e affidare alle correnti, a seconda della direzione e dell'intensità, diverse bottiglie. Attenzione però anche al palcoscenico scelto: i siti di social networking come MySpace e YouTube, per esempio, sono in continua trasformazione proprio in virtù della loro natura e attualmente l'età media degli utenti è in discesa. E qui sta il tranello: non appena si crede di aver inquadrato il pubblico, che invece rimane sfuggente o perlomeno in continua metamorfosi, si elaborano strategie che rischiano di essere obsolete fin dalla nascita.

Attenti ad Alureon, l'ultima minaccia per Windows Xp


Attenti ad Alureon, l'ultima minaccia per Windows Xp
Il colosso di Redmond sta combattendo contro il malware Alureon, in grado di rubare i numeri delle carte di credito e di impedire l'avvio dei computer

Da Corriere.it

MILANO - Gli utenti di Windows XP sono in allerta. La causa è un insidioso malware che, per ironia della sorte, è facilitato proprio da un aggiornamento della stessa Microsoft. Se ne parla in rete da febbraio, quando la patch MS10-021 ha aggiornato gli ancora numerosissimi utenti di questo sistema operativo. È infatti in questo mese che il virus è stato in grado di raggiungere il cuore dei computer, il Kernel, per poi provocarne lo stallo totale.
IL BSOD: BLUE SCREEN OF DEATH - Lo chiamano la schermata blu della morte. È simile a quella di avvio del pc, ma in realtà è sintomo del malware chiamato Alureon o anche TDL3 Rootkit. Solo ora Microsoft interviene con dichiarazioni ufficiali, dopo essersi rinchiusa in un iniziale silenzio, cercando fra le altre cose di arginare la diffidenza verso gli aggiornamenti che periodicamente diffonde. Avverte infatti che non installarli è una scelta molto rischiosa, anche se gli effetti del virus lo sembrano altrettanto, essendo in grado di rubare username, password e numeri di carte di credito.
COME RIMEDIARE - Microsoft sta ponendo rimedio attraverso la modifica delle patch diffuse dal 16 aprile in poi. Queste ultime, le MS10-015, impediscono l'installazione dell'aggiornamento in caso di concomitanza con un rootkit o qualche altro virus in grado di compromettere la macchina. Lo scopo è di non complicare la situazione di un computer già in difficoltà, di impedire la famigerata schermata blu e di avere l'inconfutabile conferma dell'infezione. Questi interventi rimangono però preventivi ed è per questo che l'aggiornamento contiene uno strumento per esaminare il Kernel e rimuovere il malware.

Serena Patierno
19 aprile 2010

sabato 9 febbraio 2013

Red delicious, una storia lunga più di cent’anni | Gusto Sidro

Red delicious, una storia lunga più di cent’anni | Gusto Sidro:

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RED DELICIOUS, UNA STORIA LUNGA PIÙ DI CENT’ANNI

 
Rossa, soda, leggermente allungata, molto succosa e dal profumo aromatico. È la Red delicious, la mela più venduta al mondo. Tutti la mangiano ma forse non tutti sanno che può vantare più di cento anni di storia: nata per caso, divenuta famosa per vocazione e sulla cresta dell’onda grazie alle continue sorprese che riserva al suo affezionato pubblico, a cui non viene mai a noia grazie alle sue innumerevoli varietà.

Nata per caso

La mela rossa più famosa del globo è nata da un seme sconosciuto casualmente finito a ridosso di un tronco reciso di un altro melo, le cui radici insospettabilmente continuavano a sopravvivere. Siamo nel cuore degli Stati Uniti, nell’Iowa, alla fine del 1800, in un freddo clima continentale. Il signor Jesse Hiatt aveva mozzato il suo vecchio albero di Golden che sembrava ormai morto, ma quando ha visto i nuovi germogli ha deciso, incuriosito, di farli crescere e fruttificare. Qualche anno dopo, ecco la lieta sorpresa: un alberello dai pomi rosso rubino che oltre al colore invitante avevano anche un sapore delizioso.

Famosa per vocazione

La nuova mela, che chiamò Hawkeye, era così buona che il signor Jesse decise di portarla a un concorso. Fu lì che venne scoperta dal signor Clarence Stark, il fondatore del gigante Stark Bro’s che ancora oggi inventa e commercializza le più famose mele del globo. Egli la trovò talmente irresistibile che si affrettò a comprarne tutti i diritti e la ribattezzò prima Stark delicious e poi Red delicious. I talenti del nuovo frutto furono così apprezzati che Clarence fece erigere attorno al piccolo promettente albero di casa Hiatt una pesante gabbia per evitare che chiunque potesse avvicinarsi tanto da poter rubare un ramo o un seme da ripiantare chissà dove.

Sulla cresta dell’onda

La Red delicious che conosciamo oggi però non è la stessa che ha colpito il palato di Clarence Stark. Nemmeno il colore è più quello: questa mela nel frattempo ha subito numerose mutazioni spontanee. La pianta è infatti naturalmente soggetta a continui cambiamenti che si manifestano nei boccioli di uno stesso albero. Ogni fioritura, di ramo in ramo, può portare un bagaglio genetico differente. Se un ramo con un bocciolo diverso si recide e si ripianta, l’intero nuovo alberello avrà le caratteristiche genetiche mutate rispetto al tronco di origine e darà delle mele che in qualche particolare si discostano da quelle da cui è nato. Questo, non c’è dubbio, è il melo più imprevedibile che si sia mai visto e riserva continue dolci sorprese.

La mela dai mille volti

Ecco perché esistono così tante varietà di Red delicious, sia registrate che del tutto casuali e impreviste. Solo per citarne alcune, esistono la Ruby red, la Royal red, la Top red, la Starkrimson, la Early Red One e centinaia di altre ancora. La Red delicious originale di oggi, invece, è più intensamente rossa di quella che fece innamorare il signor Stark. E non è solamente un caso: si è scelto volontariamente di portare avanti, fra le tante mutazioni, quella più colorata poiché pareva essere la preferita dai compratori che associano un bel colore vivo a un buon sapore gustoso. E l’originale? Niente paura, si può ancora ottenere: è infatti conservata a Geneva, nello stato di New York, insieme alla vasta collezione di varietà di mele curata dal dipartimento dell’Agricoltura americano.