giovedì 13 dicembre 2012

Lavorare con Franco

L'ultima e-mail che abbiamo ricevuto da Franco è arrivata ieri sera alle 21 e 54. Ci chiedeva di apportare un paio di modifiche all'ultimo articolo http://www.visionpost.it/index.asp?C=1&I=2340 che aveva scritto su VisionPost, il magazine online che avevamo da poco lanciato. Anche questo era lavorare con Franco. Anzi, questo era lavorare con Franco. E così è stato fino all'ultimo. Ricevere e-mail, sms, segnalazioni via chat, telefonate ad ogni ora del giorno era qualcosa a cui dovevi abituarti in fretta. Perché un pezzo, una notizia, una riflessione non avevano mai la parola fine, erano sempre suscettibili di ulteriori approfondimenti. Scherzando, ma non troppo, si potrebbe dire che era come se le caratteristiche di Internet, il medium che aveva adottato e nel quale ci aveva cresciuti professionalmente, fossero ormai dentro lui: senza orari, senza limiti in una discussione senza interruzione.

Qualcuno potrebbe pensare che era la Rete ad averlo influenzato. No. Più semplicemente nella Rete aveva trovato il luogo di espressione che più si addiceva al suo modo di lavorare, che era poi anche un modo di pensare e di ragionare. Bisognava abituarsi in fretta a vederlo entrare nella stanza con un foglio in mano, il tono scherzoso e gli occhi luccicanti. Aveva scoperto, un'altra volta, una nuova notizia, un'idea, una tendenza e voleva (doveva) parlarne con noi, condividere, approfondire. In quei momenti non c'era verso: qualsiasi cosa stessi facendo, fosse anche la consegna più urgente, eri bonariamente costretto a interrompere e ascoltarlo, assecondarlo, contraddirlo.

Certe volte, possiamo confessarlo col sorriso, vivevamo la conclusione di quelle discussioni con un po' di sollievo. Si poteva, finalmente, tornare al lavoro quotidiano e alle sue scadenze, alla rassicurante routine. Ma poi era sempre uno stupore, leggendo uno dei suoi pezzi, scoprire come aveva trasformato quella discussione destrutturata e caotica, quelle considerazioni buttate lì in qualcosa di organico e sorprendente. Era un piacere, un piacere pieno di meraviglia, osservare come aveva svolto il groviglio delle suggestioni emerse in quelle specie di brainstorming in modo logico, chiaro e, spesso, illuminante aggiungendo ai fatti e ai fenomeni quel qualcosa in più che era lui, Franco. Franco e il suo cervello, nemico di qualsiasi struttura, che poteva esprimersi solo in un ambiente fluido, senza gerarchie e con tempi e ruoli poco definiti come quello che aveva creato e in cui lavoriamo.

Solo in questo contesto, ne siamo convinti, poteva germogliare quel che ci ha lasciato dal punto di vista professionale in questi dieci anni di contatto quotidiano: la curiosità dirompente, quasi infantile, la gioia per il ragionamento e per l'avventura critica, l'euforia e la fatica del pensiero e dello scavo intellettuale, il divieto di accontentarsi dei meri fatti e delle opinioni ricevute.

Quel che ci ha lasciato dal punto di vista umano, invece, è impossibile persino provare a riassumerlo in queste poche righe. Perché è nell'amicizia che ci legava a lui e in quella che ci lega l'uno l'altro, colleghi di Totem attuali e passati. Una cosa però possiamo dirla: sono proprio questi legami la cosa che lo rendeva più orgoglioso e felice.

La redazione di Totem
Simona Campanella, Elena Visconti, Cinzia Ascari, Alessandra Carboni, Gabriele De Palma, Emanuela Di Pasqua, Matteo Fracasso, Carola Frediani, Luciano Lombardi, Francesca Martino, Raffaele Mastrolonardo, Diego Mattarocci, Serena Patierno, Eva Perasso, Barbara Roncarolo, Marina Rossi, Andrea Scaramussi, Carola Traverso, Valentina Tubino.

31 agosto 2007

Barriera corallina con carrozze del metrò

Battezzata Red Bird Reef, come il marchio dei treni di Manhattan, è popolata da numerosi pesci



DELAWARE (Usa) – I fondali marini, soprattutto vicino alle coste, non sono quasi mai immuni dai rifiuti umani. Nel Delaware, però, accade dal 2001 che nel mare si gettino scarti non per trascuratezza e alla chetichella ma volontariamente e secondo un piano prestabilito. Non tutti i rifiuti, ma solo le carrozze della metropolitana dismesse dal servizio. E con grande gioia dei pesci, che popolano questi relitti industriali così come fanno lungo le coste di altri parti del mondo con le vecchie navi inabissate. Sì, poiché pare che la fauna marina apprezzi particolarmente i vagoni abbandonati e li colonizzi in massa tanto che la discarica continua a essere alimentata di rottami al fine di creare una stabile barriera corallina artificiale a 29 metri di profondità e a 16 miglia marine (30 km circa) dalla costa, battezzata Red Bird Reef, come il marchio dei treni di Manhattan da cui prende vita. SOVRAFFOLLAMENTO SOTTOMARINO – Quelle che una volta erano vetture in cui le persone si affollavano, oggi sono teatro di una corsa fra pesci che gareggiano a chi arriva prima per assicurarsi un posticino. Le platesse amano accumularsi tra i vagoni, le cozze apprezzano il limo che si forma sui soffitti, le orate litigano per avere accesso ai vagoni e le spugne marine crescono in ogni dove, beatamente al riparo da correnti e altri pericoli. Il tratto di fondale interessato da questo curioso fenomeno, come spiega al sito del New York Times Jeff Tinsman del Department of Natural Resources, si è vistosamente ripopolato tanto che altri Paesi statunitensi pensano di ripetere l'esperienza e competono per assicurarsi le metropolitane di New York, che smista i rottami gratuitamente a differenza di altre città che invece per disfarsi dei vecchi treni si fanno pagare.
SOVRAFFOLLAMENTO DI PESCATORI – La concorrenza non c'è solo nella fornitura di vetture ma anche fra i pescatori che – attratti da un'area marina che dal 1997 a oggi si è trasformata da desertica a sovraffollata – sono passati dalle 300 alle 10 mila trappole. Ora lo Stato del Delaware è perfino preoccupato dalla microcriminalità che appesta il luogo: non solo si verificano furti di pesce ma perfino delle reti usate per catturarli. Tanto che le autorità sono arrivate a chiedere alla marina federale di chiudere la zona ai grandi commercianti ittici.
POLEMICHE – Gli organi statali e federali per l'ambiente hanno già dato il benestare perché l'operazione continui e anzi si estenda ai fondali di altri Stati. Le accuse degli ambientalisti che ricordano la presenza di amianto nella colla usata per costruire i vagoni metropolitani, sono respinte al mittente: l'amianto non sarebbe un rischio né per la vita sottomarina né per gli esseri umani in quanto non trasportato per via aerea.
Serena Patierno
09 aprile 2008
Da Corriere.it

L'alba si specchia sui palazzi di Google

Da Corriere.it

Arriva la versione 4.3 di Google Earth e porta con sé la terza dimensione e la luce naturale che cambia con lo scorrere del tempo

MOUNTAIN VIEW - Google Earth, il globo virtuale in tre dimensioni che riproduce dettagliatamente la Terra, grazie all'ultima versione 4.3 (in fase beta) si arricchisce di nuove funzioni pensate per rendere l'esperienza del navigatore sempre più realistica: costruzioni in 3D che, volendo, possono essere anche illuminate dalle varie sfumature di luce tipiche dei diversi momenti della giornata. Le novità riportano il software di Google sulla cresta dell'onda, almeno fino a quando le concorrenti Yahoo o Microsoft – anch'esse impegnate nel continuo sviluppo di mappe online – non faranno la loro contromossa.



LE NOVITÀ – Il nuovo servizio, ancora in via di sviluppo e per questo incompleto in alcuni particolari, aggiunge alle tante funzionalità del globo di Google (istantanee delle strade, fotografie artistiche, video da YouTube, mappe delle stelle) due nuovi bottoni. Il primo, "Edifici in 3D", una volta selezionato, fa spuntare sullo schermo i modelli virtuali di alcune famose zone di città come New York, Boston e Tokyo o architetture storiche come il Colosseo di Roma. Il secondo invece introduce il tempo: una linea che rappresenta lo scorrere delle ore del giorno permette di scegliere il tipo di luce preferito ed eventualmente anche di assistere agli effetti che alba e tramonto hanno sulle costruzioni.
CONDIVISIONE – Nuovi comandi rendono l'esplorazione più agevole: due rotelle a mo' di bussola per spostarsi nello spazio e per cambiare l'angolazione della visuale. Con l'aggiunta di una "N" a indicare sempre il nord, per chi perde l'orientamento. Google inoltre invita anche alla partecipazione: gli utenti possono inviare allo spazio condiviso (3D Warehouse) offerto dal motore di ricerca più usato al mondo le proprie ricostruzioni tridimensionali, per arricchire quello che è ancora un servizio limitato a una dozzina di città.
Serena Patierno
17 aprile 2008

Attenti ad Alureon, l'ultima minaccia per Windows Xp

Da Corriere.it

Il colosso di Redmond sta combattendo contro il malware Alureon, in grado di rubare i numeri delle carte di credito e di impedire l'avvio dei computer



MILANO - Gli utenti di Windows XP sono in allerta. La causa è un insidioso malware che, per ironia della sorte, è facilitato proprio da un aggiornamento della stessa Microsoft. Se ne parla in rete da febbraio, quando la patch MS10-021 ha aggiornato gli ancora numerosissimi utenti di questo sistema operativo. È infatti in questo mese che il virus è stato in grado di raggiungere il cuore dei computer, il Kernel, per poi provocarne lo stallo totale. IL BSOD: BLUE SCREEN OF DEATH - Lo chiamano la schermata blu della morte. È simile a quella di avvio del pc, ma in realtà è sintomo del malware chiamato Alureon o anche TDL3 Rootkit. Solo ora Microsoft interviene con dichiarazioni ufficiali, dopo essersi rinchiusa in un iniziale silenzio, cercando fra le altre cose di arginare la diffidenza verso gli aggiornamenti che periodicamente diffonde. Avverte infatti che non installarli è una scelta molto rischiosa, anche se gli effetti del virus lo sembrano altrettanto, essendo in grado di rubare username, password e numeri di carte di credito.
COME RIMEDIARE - Microsoft sta ponendo rimedio attraverso la modifica delle patch diffuse dal 16 aprile in poi. Queste ultime, le MS10-015, impediscono l'installazione dell'aggiornamento in caso di concomitanza con un rootkit o qualche altro virus in grado di compromettere la macchina. Lo scopo è di non complicare la situazione di un computer già in difficoltà, di impedire la famigerata schermata blu e di avere l'inconfutabile conferma dell'infezione. Questi interventi rimangono però preventivi ed è per questo che l'aggiornamento contiene uno strumento per esaminare il Kernel e rimuovere il malware.
Serena Patierno
19 aprile 2010

L'uomo è irrazionale, di natura

Da Corriere.it
La lotta degli scienziati alle credenze e alle superstizioni è inutile. La mente umana è profondamente legata all'irrazionale.


BRISTOL (GRAN BRETAGNA) - È un'antichissima querelle quella che oppone i sostenitori dell'uomo razionale agli assertori dell'irrazionalità umana, ma il tema non è mai esaurito: le argomentazioni e le apologie sembrano non essere in nessun caso sufficienti. L'unica novità sembra essere che oggi, per decidere da che parte si sta, non si va a leggere Cartesio né si consulta Pascal, piuttosto si guarda con fiducia solo ai risultati della scienza. E proprio dalla scienza arriva uno studio dello psicologo Bruce Hood, della Bristol University, che dimostra la «naturalità dell'innaturale», anzi, l'esigenza dell'irrazionale, che agisce in ognuno fin dall'infanzia.
RAGIONE O SENTIMENTO - Le credenze magiche e religiose non sono una scomoda reminiscenza del passato dell'umanità. Inutile credere di liberarsene associandole alle tribù primitive, all'infanzia del pensiero, all'ignoranza o peggio alla follia. Sono invece - spiega il professor Hood - parte integrante della nostra mente. «Credo sia ottuso pensare che sia possibile indurre la gente ad abbandonare i propri sistemi di credenze, e non c'è evidenza scientifica che tenga». Le posizioni più intransigenti dei sostenitori dell'evoluzionismo, se si vuol mantenere una ragionevole neutralità e libertà di pensiero, sono alla fine controproducenti. Non è vero infatti che esistono persone razionali e altre irrazionali, le prime progressiste e le altre conservatrici e portate all'interpretazione religiosa del mondo. Ognuno di noi, invece, ha in sé un corredo di irrazionalità - di cui la religione non è che la cornice ideale - in cui sentimenti e istinti giocano un ruolo di primo piano. È sufficiente pensare a tutte le decisioni che ogni individuo si trova a dover compiere nel corso dell'esistenza. Chi è pronto a sostenere di aver sempre preso la strada più razionale, scagli la prima pietra: spesso è l'amore, o l'istinto, a decidere nei momenti topici. Fra l'altro, non di rado si tratta di meccanismi «vitali». L'approssimazione, ad esempio, ci protegge dai pericoli che impongono risposte immediate, in cui una serie di calcoli corretti sarebbe assolutamente controproducente.
ESPERIMENTI CONCLUSIVI? - Bruce Hood ha prodotto degli esempi rivelatori: ad un gruppo di persone è stato chiesto di indossare un normale cardigan in cambio di 10 sterline. Naturalmente le mani alzate sono state la maggioranza. Poco dopo è stato rivelato che il maglione era stato indossato da un famoso killer. Risultato: le mani alzate si sono ritratte. Ma ogni giorno è fin troppo comune riscontrare comportamenti di questo genere, dal pedone che fermo al semaforo decide di attraversare col rosso quando vede che qualcun altro lo fa - effetto gregge - fino agli studiatissimi e innumerevoli errori cognitivi, che accomunano il comportamento e le scelte della maggior parte degli individui. Impossibile tirare le somme? L'idea di un progresso del pensiero coronato dalla conoscenza perfetta e totale dello scibile è nata in compagnia del pensiero stesso. Ma la scienza è ricerca, per sua natura rivoluzionaria, e proprio dalla scienza arriva puntualmente l'impulso alla decostruzione. La tela di Penelope è ancora, di diritto, un ottimo spunto di riflessione.
Serena Patierno
05 settembre 2006

mercoledì 12 dicembre 2012

La barba, il sidro e lo Steampunk

Tratto da Gusto Sidro

L’inizio dell’autunno coincide per molti con l’inizio della stagione del sidro. È l’epoca della raccolta delle mele, e quindi anche quella in cui ha inizio il lungo processo di sidrificazione. Che comincia con la pressatura dei frutti e finisce con l’invecchiamento della bevanda nelle botti. Ecco perché l’antica cantina Leonard Oakes, fondata dal nonno degli attuali proprietari e che sorge a Medina, nello stato di New York, ha scelto il primo settembre come data per celebrare il suo sidro con un originale evento: lo Steampunk festival, ideato non solo come lancio commerciale di un prodotto ma anche per condividere un retroscena culturale ben preciso.
Punk al vapore

Parliamo della cultura Steampunk, che si può riassumere con l’ormai classica definizione: “ciò che sarebbe stato il passato se il futuro fosse accaduto prima”. Questo che oggi è un movimento piuttosto diffuso nato come genere letterario, è un mondo immaginario che colloca eventi, invenzioni e oggetti futuristici in un retroscena antico, per lo più vittoriano, in cui la scoperta della forza del vapore (steam in inglese) la fa da padrona e suggerisce gran parte del patrimonio di idee e immagini che lo costituiscono. Ci si può chiedere che cosa il sidro abbia a che fare con tutto questo e la risposta è: molto. Ma tutti i retroscena di questa storia così particolare ce li rivela chi nella Leonard Oakes winery (vineria e sidreria) ci lavora: Jerod Thurber, del clan familiare, che il sidro lo fa con le sue mani e si occupa anche di ideare e coordinare tutti gli eventi a esso connessi. Quello che subito ci racconta per illuminare uno scenario che a un primo approccio pare oscuro è che «la cultura Steampunk fonde essenzialmente due epoche, quella del futuro e quella del passato, per creare una realtà nuova e inedita, proprio come il sidro», che viene dal passato remoto ma che rappresenta, visti i trend di vendita, il futuro per il palato degli americani, e non solo. E il cui gusto può essere sempre reinventato.

Lo Steampunk che esalta il sidro

Il sidro: il sapore di una bevanda antichissima e ricca di tradizioni millenarie, una vecchia pressa a vapore e un matrimonio molto singolare. Si potrebbe riassumere così la nascita del festival di Medina, che ha esordito appena l’anno scorso, nel 2011. Quello di quest’anno, ci spiega Jerod entusiasta, è andato al di là delle aspettative: «Nel 2011, infatti, lo abbiamo organizzato in sole due settimane e siamo riusciti a raccogliere un centinaio di persone ma quest’anno, avendo il tempo di organizzare tutto meglio, abbiamo radunato ben 550 persone». L’idea di fare una festa in stile Steampunk nasce dalla duplice natura che questa fattoria, fondata da nonno Oakes, ha ravvisato nel sidro. Da una parte il passato e la tradizione, quella che, senza andare troppo lontano, vede il sidro risalente ai Padri fondatori che lo hanno trapiantato dalla Gran Bretagna fino agli Stati Uniti; e dall’altra il presente e il futuro del mercato americano in cui il nettare di mela va alla grande e la cui caratteristica principale è l’orientamento verso un sapore molto fruttato. Ecco perché il sidro con l’etichetta Steampunk racchiude un «forte e dolce aroma di frutta ma con un retrogusto amaro, aspro e un po’ eccentrico, proprio come piaceva agli inglesi». E poi c’è la vecchia pressa degli Oakes, funzionante proprio a vapore e che viene ancora conservata.

Come si svolge questo singolare festival del sidro?
«Quando abbiamo ideato il festival – spiega Jerod – volevamo essere certi che nessuno si potesse annoiare e che ci fosse sempre qualcosa di interessante da vedere o fare. Ecco allora vere e proprie vagonate di cibo, presentazioni di antichi mestieri come quello del fabbro o del produttore di lampade vecchio stile; musica, mercatini a tema, rappresentazioni teatrali, degustazione di birra e di sidro, proiezione di film legati alla cultura Steampunk, duelli con pistole finte e, ciliegina sulla torta, una gara di barba e baffi. E con questa ricetta abbiamo richiamato persone da ben 13 differenti stati, Canada incluso». Questa formula che include così tanto intrattenimento ha dato vita a una festa movimentata, senza sosta, dove le persone hanno scatenato la propria fantasia reinventandosi al passato e presentandosi in costume. Occhialoni stile aviatore con dettagli rigorosamente in vero cuoio, vestiti scuri per le donne, ricercati e più colorati per gli uomini che sfilavano orgogliosi del proprio frac, con il capo coperto da bombette dall’altezza sproporzionata. E poi corsetti di pelle nera, pizzi e scollature generose che mescolano il desiderio di anni Ottanta al rigore vittoriano continuamente spezzato e invaso dalle esigenze di un futuristico mondo in cui la praticità del vestire accorcia in modo solo apparentemente causale le gonne, che diventano strappate e piene di tasche e cinture. Per portare le armi, rese necessarie dal contatto con l’ignoto e l’alieno di un mondo già in relazione con altre galassie. Infine, tanta peluria. Vale a dire barba e baffi a volontà, da premiare con un concorso.

Perché una gara di barba e baffi?
«Molto semplice, perché la barba e i baffi sono un aspetto fondamentale dell’estetica dell’epoca Vittoriana. Nessun uomo adulto di allora ne era privo, era il loro gusto», e il contest celebra questo aspetto così anacronistico, che prevede anche «una vera e propria premiazione con tanto di trofei per la barba migliore, il baffo migliore, e un terzo riconoscimento per chi i peli in viso li mette finti», ma con classe. Il tutto, con tanto di giuria.

Pensate alla terza edizione del festival?
«Il successo dell’evento ci incoraggia a pensare che ogni primo giorno di settembre di ogni anno prossimo a venire si possa replicare questa bella esperienza. Noi continueremo a produrre idee per arricchire questo evento così eclettico che è perfetto per inaugurare la stagione del sidro. Secondo noi può diventare un po’ come la festa del vino novello, il 15 novembre!» (Vale a dire quello che da noi è San Martino, l’11 novembre, n.d.r.).

Come nasce l’amore per il sidro che ha spinto questa piccola azienda a lanciarsi con un’iniziativa così singolare?
«Le mele sono intorno a noi da tutta la vita. La famiglia Oakes, quella che ora porta avanti la fattoria dell’avo Leonard a cui è dedicata, per ben 4 generazioni ha coltivato mele. Certo non solo quelle ma 10 anni fa ci siamo lanciati e, assieme all’uva, abbiamo iniziato a piantare anche 11 vecchie varietà di mele da sidro inglesi proprio per ricollegarci alla tradizione e Jonathan, pronipote di Leonard Oakes, ha cominciato a sperimentare le tecniche, ad affinare i suoi strumenti, diventando grande esperto di fermentazione. L’idea di legare il sidro allo Steampunk nasce proprio da lui».
Tratto da Gusto Sidro

La loro storia, anzi la nostra

Culture
13 dicembre 2007 - Serena Patierno
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Un piccolo computer portatile verde e tanto da imparare e condividere. Inizia così l'avventura dei bambini che, grazie all'iniziativa benefica One Laptop per Child hanno potuto mettere le mani su tecnologia a basso costo ma dalle buone prestazioni. E ora hanno anche qualcosa in più da fare sui loro nuovi Pc da 100 dollari o poco più: da qualche giorno infatti è attivo Our Stories, iniziativa che diffonderà le storie di questi ragazzi e delle loro comunità. Si tratta di un progetto che vede la collaborazione della stessa One Laptop per Child, associazione no profit fondata da Nicholas Negroponte del Mit di Boston, dell'Unicef e di Google, che mette a disposizione risorse e le proprie competenze in fatto di mappe.

Gli aneddoti, le immagini di vita, le fiabe popolari che hanno sentito raccontare dagli adulti costituiranno questo vero e proprio archivio di storie. Tutto quello con cui questi bambini entrano in contatto rappresenta infatti un tesoro di cultura. Una sorgente di informazione, un ritratto spontaneo, una fonte storica, un esempio linguistico dove la tradizione orale rimane spesso l'unica memoria individuale e collettiva. A voler riassumere, si tratta di un'iniziativa per preservare e condividere la diversità culturale dalle forze della corrente che conduce verso il mare indistinto della globalizzazione.

Il tutto, tecnicamente, funziona attraverso un sito (www.ourstories.org) al cui centro campeggia una mappa della terra che raccoglie i racconti per aree geografiche. È facile da usare, e facilmente individuabili, grazie a un simbolo, sono i Paesi che hanno già dato linfa al progetto. L'iniziativa già parte ricca di documenti: il Museo brasiliano della Persona (fondato per raccogliere e preservare le storie e le vite delle persone comuni) ha messo a disposizione il proprio archivio. E l'Unicef ha condiviso i racconti dei piccoli abitanti di Ghana, Pakistan, Tanzania e Uganda. Una ricchezza che grazie ad Our Stories diventa anche nostra.